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FontanaArte

FontanaArte nasce nel 1931 a seguito dell’incontro tra Giò Ponti, giovane architetto, e Luigi Fontana, imprenditore del vetro, che già nel 1881 aveva fondato una società, la “Luigi Fontana e Compagni” per la lavorazione e commercializzazione del vetro, consapevole dell’importanza che tale materiale andava assumendo in campo architettonico e della decorazione. Sono questi gli anni dell’imperante stile Liberty e delle Esposizioni Internazionali, tra le quali quella del 1906 a Milano, alla quale l’azienda partecipa presentando, in un imponente ed elegante padiglione, manufatti di eccezionale qualità, quali vetrate policrome e grandi arredi in vetro curvato. A seguito del grande successo ottenuto si sentì la necessità di ampliare la propria attività con filiali in tutta Italia e non solo e di creare, all’interno dell’azienda, una “divisione artistica” specialistica con il nome appunto di FontanaArte, sotto la direzione di Giò Ponti, che consapevole delle infinite possibilità offerte dal vetro come materiale d’arredo, già sperimentate nelle vetrate artistiche delle cattedrali di Milano e di Brasilia, ne fece il cardine della propria progettazione di oggetti, mobili e lampade per la casa. In questo modo si palesa esplicitamente la grande scelta stilistica e innovativa dell’azienda: esecuzione perfetta e modernità, tecnica e design costituiranno il binomio inscindibile e l’essenza di queste nuove produzioni, per certi versi anticipatrici e pionieristiche nel panorama delle arti applicate del XX secolo. Passata successivamente a Pietro Chiesa la direzione artistica, la FontanaArte aumentò in fatturato e notorietà, grazie anche agli articoli che riviste specializzate, “Domus” tra tutte, dedicavano a questa produzione d’avanguardia che copriva ogni ambito dell’arredamento moderno: tavoli, scatole, specchi, cornici e soprattutto apparecchi per l’illuminazione divennero manufatti indispensabili negli ambienti delle case più prestigiose. A seguito della crisi del periodo bellico e della improvvisa morte di Pietro Chiesa nel 1948, la società, divenuta di proprietà di maggioranza della Saint-Gobain, dopo qualche anno di stasi creativa, interpellò ancora Giò Ponti per la successione al ruolo di direttore artistico, incarico che venne proposto con successo a Max Ingrand che, dal 1954 per un decennio progetterà per l’azienda veri e propri classici del design, traghettandola, da una produzione artigianale eseguita per grandi committenze e fatta quasi esclusivamente da pezzi unici, ad una produzione di prodotti ripetibili, seppure di straordinaria qualità, atti a soddisfare le esigenze di un mercato in piena evoluzione. Formatosi presso la Scuola di Belle Arti di Parigi, si specializza in arti decorative e design d’interni sotto la guida esperta di Jacques Gruber e Charles Lemaresquier, realizzando importanti lavori per edifici religiosi e pubblici, con grande attenzione all’arte del vetro; una scelta quindi a conferma della continuità stilistica voluta dall’azienda. Max Ingrand, pur mantenendo la sua attività di architetto e decoratore d’interni a Parigi, contribuirà in modo essenziale al rilancio della produzione, inserendo l’uso del metallo abbinato a forme in cristallo inciso e molato, sempre all’interno della grande tradizione dell’azienda, della quale con frequenti viaggi a Milano, segue ogni sviluppo. La FontanaArte gli affida infatti l’intera immagine della società, dandogli il compito di ristrutturare i negozi monomarca di Milano e Roma e di alcuni rivenditori specializzati, e alcuni degli stand fieristici, tra i quali quello per la Fiera di Milano del 1961, in cui viene presentato un lampadario composto da elementi in cristallo sagomato, che grazie ad uno spettacolare gioco di specchi si rifletteva all’infinito. Pur ormai nell’ottica di una produzione riproducibile, non più artigianale ma semi industriale, seppure di alta qualità, Max Ingrand è affiancato da numerosi artisti progettisti, oltre allo stesso Giò Ponti, che alla fine degli anni sessanta riprenderà a collaborare con l’azienda. A conferma del sempre attento sguardo all’attività artistica contemporanea, anche a quella meno commerciale, si inseriscono in questo periodo le realizzazioni del pittore Duilio Barnabé, con lo pseudonimo Dubé, cristalli dipinti con nature morte o motivi astratti, per piani di tavoli e pannelli decorativi, come pure le basi in ceramica per tavolini di Lucio Fontana, produzioni a numero limitato, che si distaccavano nettamente dalla produzione corrente. Alla morte di Max Ingrand, avvenuta nell’agosto del 1969, seguono altri grandi nomi del design, ognuno con il proprio apporto di novità e creatività, a testimoniare l’autentico spirito di questa grande azienda: quello di prediligere e promuovere arte e innovazione prima di ogni necessità commerciale e di profitto.