Il decoro “a vedute“
Una delle principali decorazioni della manifattura Ginori a Doccia all’inizio del secolo XIX è quella che nei documenti di archivio viene definita “a vedute“. Fu introdotta a Doccia probabilmente dal pittore fiorentino Ferdinando Ammannati (ante 1781-post 1823) che, dopo la sua esperienza alla Real Fabbrica Ferdinandea di Napoli, ritornò a Firenze. L’artista, che aveva raggiunto Napoli attorno al 1781 assieme ad altri lavoranti già precedentemente a Doccia e lì si era distinto in particolare come “miniatore di vedute”, sarà presente alla Manifattura Ginori a partire, presumibilmente, dal 1809 e fino al 1823. Il primo documento che conferma la presenza dell’Ammannati a Firenze risale al 3 gennaio 1810, quando Carlo Leopoldo Ginori-Lisci (1788-1837) gli concede una discreta somma “a compensazione delle vedute e disegni da lui portati da Napoli e consegnati alla fabbrica”. L’Ammannati, però, non viene impiegato soltanto nella decorazione delle vedute, ma anche in numerosi altri ornati; voglio segnalare che anche il famoso Giovan Battista Fanciullacci (1745-1825) nella parte finale della sua attività lavorativa in manifattura viene chiamato nel 1812 a dipingere, o forse solo a dorare, alcune navicelle con decoro “a vedute“.
Questo ornato nasce sulla scia delle decorazioniche la Real Fabbrica Ferdinandea aveva eseguito già nell’ultimo ventennio del Settecento ed ha, come caratteristica principale, quella di rappresentare una veduta di una città entro un medaglione ovale o circolare centrale, contornato da una fascia blu, più raramente rossa, ed un filetto dorato: molto frequenti sono le immagini di Firenze, Roma e Napoli, assai meno usuali quelle di altre città, come Livorno, Lucca, nonchè di Altopascio e Montelupo Fiorentino.
Le fonti iconografiche prevalenti per questa tipologia si devono trovare nella monumentale opera Lo stato presente di tutti i paesi e popoli del mondo naturale, politico, e morale, con nuove osservazioni, e correzioni degli antichi, e moderni viaggiatori di Thomas Salmon, edito per la prima volta in Italia a Venezia presso lo stampatore Giovanni Battista Albrizzi (1698-1777), nei lavori di Giuseppe Zocchi (1711-1767), in particolare dal libro Scelta delle XXIV Vedute delle principali Contrade, Piazze, Chiese e Palazzi della Città di Firenze, pubblicate dallo stampatore fiorentino Giuseppe Allegrini nel 1744, di Antonio Terreni (1762-1825), parzialmente in quella dell’abate Jean-Claude Richard de Saint-Non (1716-1791) più orientato a raffigurazioni campestri e di rovine, e del ginevrino Philippe Benoist (1813-1905). Anche alcune manifatture di area tedesca, come quelle di Vienna e Berlino, eseguono decorazioni pittoriche analoghe a quelle di Napoli e poi di Doccia.
Presentato e offerto in asta oggi è un imponente ed importante servizio da tavola eseguito nel 1992 presso la manifattura di Firenze. Lo spettacolare servizio da tavola (ben 335 pezzi) riprende la decorazione ottocentesca, dalla quale si differenzia per una sola variante, mai presente nelle più antiche produzioni: il motivo a nastro intrecciato a rilievo. L’uso del colore rosso per la fascia, invece, si ritrova già nel primo quarto del secolo diciannovesimo pur non essendo molto frequente come il blu, che viene utilizzato anche successivamente. Le architetture presenti sui pezzi di questo servizio sono prevalente romane ed eterogenee le fonti iconografiche: cito ad esempio l’utilizzo di opere di un artista che si riscontra molto raramente nelle prime realizzazioni ottocentesche della manifattura Ginori e cioè Giovanni Battista Falda (1643-1678) autore dell’incisione della F,na di Pallestrina, La Fontana del Sig. Prencipe di Pallestrina su la Piazza Barberina, alle radici del Quirinale in Via felice, nel Rione di Trevi, Architet.a del Cav. Gio. Lorenzo Bernini, la Fontana del Tritone cioè, della serie “Le Fontane di Roma“, edita da Giovanni Giacomo de Rossi “alla Pace” in 4 volumi, intorno al 1680.
Probabilmente sempre dalle realizzazioni del Falda, o da successive reinterpretazioni, anche altre decorazioni come quella denominata “Pa.o Chigi“, il palazzo Aldobrandini-Chigi, cioè, che trae spunto dall’incisione “Piazza Colonna su’ la via del Corso spianata et ampliata da N. S. papa Alesandro VII” tratta da “Il nuovo teatro delle fabriche, et edificii, in prospettiva di Roma moderna, sotto il felice pontificato di N. S. papa Alessandro VII” pubblicata per la prima volta nel 1665 da Giovanni Giacomo Rossi.
Estratto da A.B.