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Eclettismo: uno stile moderno

Fortemente osteggiato dai puristi dello stile, ingiustamente sottovalutato dalla critica storica, da metà ‘800 fino agli anni ’20 del ‘900 l’eclettismo si sviluppa in Italia e non solo come un viaggio nella storia dell’arte, volto da un lato a omaggiare e a recuperare in chiave romantica il passato aulico di un Paese appena formato e, dall’altro a soddisfare il desiderio di identità culturale della nuova borghesia. È un nuovo modo di orientare il gusto non più verso il rigore filologico degli stili, ma come composizione personale e fantasiosa di elementi differenti accostati in totale libertà. In ogni manufatto troviamo citazioni medievali e rinascimentali, riproduzioni classiche e barocche, ispirazioni pompeiane e neogreche, egizie e cinesi, frutto di un grande lavoro corale di artigiani ebanisti, fabbri, vetrai, ceramisti che costantemente affinano le proprie abilità tecniche con esiti virtuosi e sorprendenti. Questo nuovo “stile moderno” soddisfa le esigenze del presente con revival degli stili passati e trova spazio nelle riviste dell’epoca che illustrano delicati schemi decorativi di interni e fungono da guida per l’emergente e ricca borghesia. Non si desidera più solo una casa da esibire, ma soprattutto un rifugio domestico e privato, dedicato alla vita familiare e agli amici, in cui chi lo abita “dorme nel Settecento ma cena nel Cinquecento, a volte fuma il sigaro e beve il caffè in Oriente, mentre fa il bagno a Pompei”, come scrive Jacob von Falke a proposito dell’Esposizione Internazionale di Vienna del 1873, profondamente convinto dell’universalità dello stile eclettico e della sua nuova modernità, che nulla trascura delle passate esperienze, ma le assorbe, le elabora e le indirizza con assoluta libertà in forme ben definite. Nelle residenze alla moda, convivono inizialmente boudoir neorococò, studioli neogotici, sale nel gusto definito tous-les-Louis (cioè Luigi XIV, XV e XVI) e salotti neorinascimentali, ma poi, a fine secolo, sarà proprio lo stile rinascimentale a prevalere sugli altri. Vengono così riproposti con rigogliosa felicità artistica motivi decorativi e ornamentali propri del ‘500: mobili imponenti e massicci in noce di forte impianto architettonico, intagliati, spesso a tuttotondo, con volute, putti e mascheroni di derivazione manieristica, costruiti su solide basi dai piedi ferini su cui poggiano sostegni torniti evidenziati da telamoni, sfingi, draghi e figure fantastiche a sostegno di vasi baccellati e capitelli corinzi, il tutto con tale ricchezza di ornati che non lascia alcuno spazio vuoto e definisce il campo d’espressione delle capacità e dello slancio creativo dell’artigiano intagliatore. Alla sontuosità di questi mobili, che spesso costituiscono l’intero arredo della stanza, con tavolo, seggiole e credenze “en suite”, si accompagna la comodità e la confortevolezza delle tappezzerie; la poltrona crapaud, di forma avvolgente simile ad un rospo, si sviluppa in molteplici versioni con coperture capitonné arricchite da elaborate passamanerie di forte effetto cromatico, spesso con gli stessi motivi decorativi ripetuti su tende a drappeggio, rivestimenti alle pareti e moquettes ai pavimenti, in un tutt’uno decorativo che evidenzia gli arredi, creando ambienti di grande impatto estetico ma pure piacevole calore domestico. Molti furono gli artigiani intagliatori ed ebanisti che si dedicarono con maestria a questo genere di arredi; tra loro Antonio Zanetti, presente con alcuni mobili all’Esposizione di Torino del 1884, i milanesi Giuseppe Cairoli e Ludovico Pogliaghi, eclettico artista quest’ultimo, del quale una credenza eseguita nel 1886 per la famiglia Crespi è esposta al Castello Sforzesco, il fiorentino Mariano Coppedè, il veneziano Vincenzo Cadorin, il napoletano Ottaviano de Luca e molti altri, sparsi in tutta Italia a testimoniare la nascita di uno stile unitario e nazionale, oltre i regionalismi, volto a valorizzare il genio creativo coniugato a grandi capacità esecutive, proprio dei nostri artigiani. Possiamo forse affermare che questa è una delle prime espressioni del Made in Italy? Forse.