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La pittura ricamata

Nell’ampio panorama della storia dell’arte, un settore ancora poco esplorato è quello dei dipinti ricamati, la cui tecnica risale al primo Rinascimento, quando il ricamo aveva raggiunto livelli talmente elevati da permettere di realizzare opere in grado di competere con quelle pittoriche. I dipinti ricamati venivano spesso eseguiti su bozzetti e disegni preparatori di pittori celebri, come ricorda il Vasari nelle sue “Vite”, o ispirati a importanti quadri coevi reinterpretati con alcune varianti. Inizialmente rivolti soprattutto ad una committenza ecclesiastica, con funzione anche di catechesi e di istruzione religiosa per il popolo, nel ‘600 entrano a far parte anche del collezionismo laico, a conferma dell’alto livello di perfezione esecutiva raggiunto e del conseguente successo tra i contemporanei. Essi sono presenti in grandi raccolte, come quella medicea a Firenze, e nelle abitazioni nobiliari e borghesi, collocati per lo più nelle camere private, viste le ridotte dimensioni, e non nella galleria, solitamente destinata ai dipinti più grandi su tela o tavola. Ai temi religiosi si alternano i temi classici e mitologici; dalla Bibbia vengono tratte scene della Creazione, episodi della vita di Cristo e vicende della vita di Maria, quest’ultime per lo più dedotte dai vangeli apocrifi, mentre i temi laici si ispirano spesso alle Metamorfosi di Ovidio, in cui la grande varietà delle scene illustrate è sempre associata ad una forte valenza morale e gli dèi interpretano simbolicamente caratteri di umanità. Durante il XVIII secolo a questi soggetti se ne aggiungono altri a tema naturalistico, oltre a vedute e paesaggi arcadici, per lo più ispirati da dipinti famosi e da stampe, eseguiti non solo in botteghe specializzate con maestranze quasi esclusivamente maschili, come nei secoli precedenti, ma estesi ad un pubblico più vasto soprattutto femminile, presso i monasteri, quale insegnamento fondamentale nell’educazione delle fanciulle. Nell’inventario delle opere del milanese Giovanni Battista Litta, nel 1739 sono descritti “nove quadretti di ricamo di seta, con vetri e cornici indorate, nella saletta verso il portico”, “due quadretti di fiori ricamati con cornice nera e vetri, nella stanza da letto verso il portico” e “quattro quadretti di Paesi nella sala del camino”. Inizialmente i quadri a ricamo erano eseguiti utilizzando il punto raso, che ricopriva le superfici con punti fitti e minuti in fili di seta dalle infinite gradazioni cromatiche e permetteva di rendere con precisione i dettagli, come un tratto di pennello. A questa tecnica si affianca successivamente quella del filo posato su un supporto incerato, decisamente più semplice e veloce, grazie anche all’accostamento di ampie parti incise e dipinte a parti ricamate. In questo ambito merita una citazione Marianna Elmo, autrice a inizio ‘700 di raffinati quadri dipinti, a volte derivati dalle opere di Carlo Maratta, caratterizzati da una delicata ricerca tonale con colori sapientemente sfumati e da eleganti lumeggiature in argento e oro. Piccoli capolavori di seta e fili preziosi, questi fragili manufatti testimoniano nei secoli il susseguirsi degli stili e si collocano nell’arte tessile e del ricamo, spesso poco conosciuta e studiata, quale trait d’union tra questo settore e quello aulico della pittura.